Andy Warhol e la cultura pop americana

Andy Warhol e la cultura pop americana

O lo ami o lo odi. Non esistono mezze misure. D’altronde lui non ne ha mai avute.

C’è chi lo ha esaltato e adulato come un genio e c’è chi lo ha accusato di essere colui che ha ucciso l’arte.

Ma a prescindere dalle personalissime opinioni, non si può pensare all’arte senza Andy Warhol. Personaggio eccentrico, superficialmente semplice, criptico, una maschera costruita fin nei minimi dettagli. Alcune sue frasi sono ancora utilizzate e diventate ormai parte integrante del nostro lessico, basti pensare ai famosi “15 minuti di notorietà”. Un uomo che aveva capito fin da subito che forma avrebbe assunto la società contemporanea (e aveva, per caso, tutti i torti?).

Ma chi era veramente l’eccentrico e istrionico Andy?

Andy nacque a Pittsburgh, in  Pennsylvania, il 6 agosto 1928, da genitori di origine cecoslovacca. Fin da subito mostrò un’inclinazione all’arte e, difatti, studiò arte pubblicitaria al Carnegie Institute of Technology, ora Carnegie Mellon University. Decide di trasferirsi a New York nel 1949, ottenendo subito lavori importanti con le riviste Vogue e Glamour come grafico pubblicitario, ma il suo talento poliedrico lo portò anche a lavorare come vetrinista e a realizzare le sue prime pubblicità per il calzaturificio Miller.

La sua prima mostra personale si tenne nel 1952 alla Hugo Gallery di New York e nel 1956 espose alcuni disegni alla Bodley Gallery e presentò le sue Golden Shoes in Madison Avenue.

The Factory

Sarà intorno agli anni ’60 che Andy realizzerà le sue prime serigrafie ispirate ai fumetti e alle pubblicità. Sarà proprio da questi modelli che la sua forma d’arte assumerà contorni sempre più definiti e lo consacreranno a figura di spicco della cultura pop americana. Nelle sue opere non vi è alcuna scelta estetica, non c’è un riferimento a movimenti artistici del passato e nessun tentativo di emulare artisti antichi o moderni: tutto quello che si vuole esaltare è semplicemente la quotidianità e la banalità. Le immagini più note e simboliche diventano perno centrale della sua arte. Alcuni critici hanno voluto vederci una sorta di polemica nei confronti della società odierna, ma pure questo intento sembra essere del tutto estraneo a Warhol, il quale vuole solo documentare come è cambiato l’universo visivo.

Ed ecco comparire barattoli di zuppa Campbell, bottiglie della coca-cola, il volto di Marilyn Monroe e così via.

Il suo studio, conosciuto con il nome di “Factory”, sarà attivo dal 1962 al 1968, anche se i successivi studi verranno chiamati nello stesso modo.

Ma la Factory, la prima ed originale, è importante anche per il ruolo che svolse nella cultura underground, ambiente dove Andy penetrò in maniera capillare, formando e influenzando band musicali come i Velvet Underground e realizzando film, più volte censurati. In questo luogo vi si riunivano artisti e le superstar create da Warhol stesso. Non meno importanti divennero le feste che si tenevano all’interno della struttura.

Tra le sue superstar ricordiamo la bellissima Edie Sedgwick, la quale sembra abbia avuto anche una breve liason con Bob Dylan (anche se il cantante ha smentito questa voce).

Nel 1968 la femminista radicale Valerie Solanas sparò ad Andy e al suo compagno di allora, Mario Amaya. Fortunatamente tutti e due sopravvissero all’accaduto, nonostante Andy avesse riportato ferite piuttosto gravi. Ma da quel momento in poi la vita dell’artista cambiò in maniera radicale, facendolo diventare ancora più paranoico: le sue apparizioni pubblicitarie diminuirono in maniera drastica e anche solo toccargli la mano lo rendeva nervoso.

Andy si spense il 22 febbraio del 1987, in seguito ad un intervento chirurgico alla cistifellea, dopo aver realizzato la sua “Last Supper”, ispirata all’ultima cena di Leonardo Da Vinci. Il Metropolitan Museum di New York, nel 1989, gli dedicò una grande retrospettiva.

 

 

“Quel che c’è di veramente grande in questo paese è che l’America ha dato il via al costume per cui il consumatore più ricco compra essenzialmente le stesse cose del più povero. Mentre guardi alla televisione la pubblicità della coca-cola, sai che anche il Presidente beve la coca-cola, Liz Taylor beve coca-cola, e anche tu puoi berla.”- Andy Warhol

 

photo credits: en.wikipedia.org; bbc.com

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Giovane studentessa di storia dell'arte. Sognatrice indefessa con la passione per i libri, il teatro, il cinema in bianco e nero e i viaggi. Nel tempo libero adoro nutrirmi di storie.

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