Quando ti decidi a fare un figlio? Il post contro i curiosi di Emily Bingham.

Quando ti decidi a fare un figlio? Il post contro i curiosi di Emily Bingham.

Ci sono domande a cui è difficile sottrarsi quando si arriva fra i trenta e i quarant’anni e la più temuta di tutte è: “Quando ti decidi a fare un figlio?”.

La decisione di non volere dei figli però a molti appare ancora oggi strana e incomprensibile e anche “scandalosa”.
Risulta essere ancora un tabù essere donna senza voler essere madre.

7297c8ee-ab99-40f6-9c67-2ae9558bff12E così che Emily Bingham, scrittrice freelance di 30 anni del Michigan, la scorsa settimana ha postato su Facebook una riflessione che in breve tempo è diventata virale.

Emily, infatti, ha postato sul social una foto di un’ecografia, presa da Google immagini, per “attirare l’attenzione” di amici e conoscenti e invitarli a non essere troppo invadenti con domande del tipo “Allora, a quando il primo bebè?” o “Niente fratellino o una sorellina per il vostro bambino?”.

“Ciao a tutti! Ora che ho attirato la vostra attenzione con questa ecografia presa da una ricerca su Google immagini posso dirvi che questo è solo un amichevole messaggio per farvi capire che i progetti e le decisioni degli altri in merito alla riproduzione e alla procreazione non vi riguardano. Prima di chiedere ad una giovane coppia appena sposata quando finalmente metterà su una famiglia, prima di chiedere al genitore di un figlio unico quando gli regalerà una sorellina o un fratellino, prima di chiedere ad una donna o ad un uomo single sui trent’anni quando si deciderà ad avere un bambino perché, sai com’è, l’orologio biologico va avanti etc…fermatevi. Per favore, fermatevi. Magari quelle stesse persone hanno un problema di fertilità o hanno appena subito un aborto spontaneo o stanno combattendo contro un problema di salute. Non potete sapere se quelle stesse persone abbiano una difficoltà nella propria relazione o siano troppo stressate o non trovino il momento giusto. Non sapete chi sta cercando di avere bambini o chi sta cercando di averne uno in più. Non sapete chi ha deciso che avere figli non è una cosa che fa per lui ora o chi crede che non lo sarà mai. Non sapete quanto la vostra domanda ‘innocente’ causi dolore, sofferenza, stress e frustrazione. Forse a qualcuno non creerà queste sensazioni, ma dalla mia esperienza e dalle storie che ho sentito dai miei amici, posso dirvi che molto spesso lo fa.
Morale della favola: Sia che siate aspiranti nonni o amici benintenzionati o parenti o vicini impiccioni, sappiate che non sono assolutamente affari vostri. Chiedete alle persone cosa li rende felici, ora. Chiedetegli qual è la parte più bella delle loro giornate. Se poi qualcuno vorrà farvi entrare in questioni molto personali, come i propri progetti sull’avere o meno figli, lo farà. Se siete curiosi, sedetevi e aspettate e lasciate che siano gli altri a fare la loro scelta, se e quando saranno pronti”.

Il post è già stato condiviso quasi 60 mila volte.
Molti utenti, infatti, hanno ringraziato Emily per aver “urlato” un pensiero così comune.

In risposta a questo, la scrittrice spiega come l’idea del post le sia venuta da una sua amica che ha dovuto sottoporsi per un anno intero a trattamenti per la fertilità per concepire un bambino e dopo ciò ha dovuto subire le domande su un possibile secondogenito.

Guardando i dati statistici, sempre più spesso le donne scelgono di non avere figli: sono ben dieci volte più numerose rispetto a 50 anni fa, secondo l’Eurisko, tuttavia decidere se e quando avere figli è una scelta incredibilmente personale , quindi ai più curiosi accogliete la “morale” che Emily ha cercato di lanciare.

Non riesco a parlare di me facilmente, non so mai cosa dire perché sono più che convinta che non bastano due parole per raccontare una persona. Potrei fare “una lista della spesa “ per scrivere tutte le cose che adoro e che odio, ma mi dilungherei troppo quindi semplicemente dico che mi piace andare controcorrente e mi piace ascoltare le persone che hanno una storia, che hanno ancora voglia di far sentire la propria voce in un mondo fatto da stanze in cui si sente solo il rumore dei tasti sulla tastiera.

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