Che cos’è “Dal buco della serratura”? La nostra nuova rubrica di arte.
Il motivo di questo nome? Beh, perchè l’arte è semplicemente qualcosa di magico che ci capita nella vita di tutti i giorni, un’esperienza intima ed unica, piena di curiosità e ricca di sorprese (proprio come guardare dal buco di una serratura), capace di sorprenderci e scuotere la nostra anima, di risvegliarla dal torpore quotidiano. Lo scopo della rubrica è quello di fornirvi informazioni interessanti su questo mondo ovattato, ogni settimana con piccoli approfondimenti sui temi più disparati: da artisti a chiese medievali, passando per movimenti artistici, fotografia e tanto altro ancora.
Buona lettura!
Considerato uno dei maggiori esponenti del surrealismo, Renè nasce a Lessines, in Belgio, il 21 novembre 1898.
All’età di 12 anni, la sua vita viene segnata da un evento drammatico: la madre Régina Bertinchamps si suicida morendo annegata nel fiume Sambre con la testa avvolta nella camicia da notte, anche se di questo ultimo dettaglio non è chiara la veridicità. In ogni caso, il tessuto bianco che avvolge la testa, ritornerà in alcune opere dell’artista: l’esempio più famoso è Les amantes.
Dopo aver studiato all’Accademia di belle arti a Bruxelles ed essersi sposato nel 1922 con Georgette Berger, che aveva conosciuto all’età di quindici anni, inizia a lavorare come grafico in un’azienda che produce carta da parati.
Nel frattempo, il suo interesse per la pittura lo porta a muovere i primi passi all’interno delle Avanguardie del Novecento e ad assimilare influenze futuriste e cubiste.
Ma la vera svolta artistica avviene nel momento in cui Renè scopre il dipinto Canto d’amore dell’artista italiano Giorgio de Chirico, e lo definì “[…] rottura completa con le abitudini mentali proprie agli artisti prigionieri del talento, del virtuosismo e di tutte le piccole specialità estetiche. Si tratta di una nuova visione del mondo in cui lo spettatore ritrova la dimensione dell’isolamento e può sentire il silenzio del mondo”.(Conferenza del 20 novembre 1938 tenutasi al Musée Royal des Beaux-Arts di Anversa)
Ed è proprio questo l’ideale artistico che Magritte segue e che lo porterà ad entrare in contatto con Andrè Breton, ideatore del movimento artistico, nel 1926; l’anno successivo riesce ad esporre presso la galleria Le Centaure di Bruxelles alcune delle sue opere fino ad allora realizzate e, poco dopo, si trasferisce a Parigi. Ma già nel 1930 ritorna a Bruxelles a causa dei contrasti con lo stesso Breton.
Bruxelles, ben presto, si ritroverà ad essere la spettatrice silenziosa di quello che sarà il periodo più prospero dell’attività artistica per ben 24 anni e vedrà nascere oltre la metà di tutte le sue opere. Inoltre, è proprio qui che si sviluppano i più importanti momenti del surrealismo belga, poiché l’appartamento in cui viveva Magritte fungeva da punto d’incontro.
Nel 1940 si trasferisce nel sud della Francia, a Carcassonne, temendo l’occupazione tedesca.
Il 15 agosto del 1967 Renè Magritte si spegne nella sua casa di Bruxelles, dopo l’improvvisa comparsa di un cancro al pancreas.
Magritte, senza dubbio, risulta essere l’artista più elegante tra i surrealisti per i suoi tratti gentili e delicati, i colori mai fastidiosi o dissonanti tra di loro.
L’aver osservato attentamente il quadro di de Chirico e l’essere stato colpito da una sensazione di smarrimento, dovuto all’accostamento di oggetti dissimili inseriti in un contesto in cui non ci si aspetterebbe mai di trovarli, ebbe su di lui un effetto determinante. E la ricerca del nosense delle cose, del rapporto tra visione e linguaggio, della creazione di situazioni inattese e impossibili, della valorizzazione degli oggetti usuali che, decontestualizzati, appaiono in tutta la loro magia, saranno i temi principali e favoriti dall’artista belga.
Se per il suo famoso collega, Salvador Dalì, creatore del metodo paranoico-critico per la realizzazione dei suoi quadri, l’importanza della dimensione onirica diventa sempre più preponderante, per Magritte il campo d’azione privilegiato non è il sonno, bensì la veglia. Non si tratta più di creare un’arte di per sé, ma si vuole indurre ad una riflessione sull’arte stessa.
E quale opera riassume al meglio tale dialettica se non La Trahison des images: il quadro, che venne realizzato quando l’autore aveva trent’anni, rappresenta una pipa e sotto le parole “Ceci n’est pas une pipe”, cioè “questa non è una pipa”.
Ciò su cui si vuol far riflettere è il rapporto irreale che intercorre tra l’oggetto reale (la pipa) e la sua rappresentazione (la pipa dipinta). Se qualcuno ci chiedesse “cos’è?”, noi risponderemmo “è una pipa”. Eppure tutto questo è un equivoco dovuto alla convenzione che lega ogni oggetto ad un nome. La possiamo fumare quella pipa, proprio quella rappresentata sulla tela? Ovviamente no, come potremmo mai fumare un disegno? Quindi se ne deduce che quella rappresentata non è una vera pipa… e allora come altro potremmo chiamarla?
Ed eccolo, quel senso di smarrimento e confusione che proviamo di fronte a tale opera, quel senso indefinibile del mistero e della realtà che ci circonda che Renè Magritte ha sempre perseguito consacrandolo ad artista affermato e di fama indelebile e mondiale.
photo credits: Turomaquia Camargo; gigema; www.lecadeauartistique.com; www.renemagritte.org; www.wikiart.org