Residue: una serie “particolare”

Residue: una serie “particolare”


Devo dire, a mia discolpa, che ho scoperto questa serie pochi giorni fa a seguito della piccola, breve ma intensa ossessione che ho avuto per Iwan Rheon (Ramsay Bolton in Game of Thrones). Chiedo venia per essere stata così poco attenta ad una vicenda simile, visto che si parla di qualcosa che è uscito un anno fa.

Succede che in UK decidono di fare un film, questo film attira l’attenzione di Netflix e Netflix trasforma il film in un pilot a tre episodi di una serie tv in realtà mai (volutamente) terminata. A dirigere il tutto troviamo Alex Garcia Lopez (Utopia, Misfits) e fanno invece parte del cast il già citato Iwan RheonNatalia Tena (Tonks in Harry Potter e Osha in Game of Thrones) e Jamie Draven (Billy Elliot).

Residue è dunque composta da tre episodi di 45 minuti circa che si muovono in una città inglese sconvolta da una terribile esplosione la notte di capodanno che ha portato alla costruzione di una zona di quarantena proprio tutto intorno al luogo dell’esplosione.

Su questo scenario si muovono i tre personaggi principali: Jennifer Preston (Natalia Tena), una fotografa curiosa che inizia a notare stranezze nei luoghi vicini al perimetro della zona di quarantena e stranezze nelle persone che vi vivono dopo che alcune di esse iniziano a manifestare dei segni di pazzia più simili a possessioni;

Jonas Flack (Iwan Rheon), fidanzato di Jennifer, portavoce del Ministro degli Interni del quale Jonas dopo un po’ inizia a dubitare temendo che non dica tutta la verità circa la zona di quarantena;

Levi Mathis (Jamie Draven), un poliziotto ormai ridotto al lastrico dopo che sua figlia è morta durante l’esplosione di capodanno e che cerca delle risposte.

Una serie che promette bene, insomma: bella fotografia (per quel poco che me ne intendo), senso di suspance assicurato, ma molto lenta. L’essere lenta, tuttavia, non rappresenterebbe di per se un ostacolo in quanto consente di entrare all’interno dell’azione-non-azione e di assaporare per bene il clima di ansia (come se ce ne fosse poca in giro ultimamente, aggiungerei) e tensione che pervade la città in cui tutto si svolge. Una città fittizia ma quantomai reale: una città devastata da una forma di cattiveria di cui non si conosce ancora la matrice.

Attori molto bravi e, specie se seguita in lingua originale, con molti accenti diversi che caratterizzano al meglio loro stessi e la storia: in altre parole, la rendono più vera. Come sappiamo, il doppiaggio in italiano standard fa perdere quel po’ di realismo che c’è in molte opere: pensiamo alle produzioni italiane in dialetto, come GomorraRomanzo Criminale, per citarne due di alto livello, consentono di entrare all’interno dell’azione proprio perché i personaggi parlano un tipo di lingua più vicina a noi (ma è solo un esempio, chi non è di Roma o Napoli potrebbe non percepire questa cosa e trovarla noiosa e fastidiosa).

Tuttavia la mia non è una critica contro il doppiaggio, cosa che invece ammiro tanto che mi piacerebbe diventare adattatrice dei dialoghi. Si trattava solo di un piccolo appunto per spiegare che questa serie, come molte sicuramente, se vista in lingua originale ha un senso che magari in italiano potrebbe perdere. Detto ciò, guardatela nella lingua che preferite.

Se la storia è buona e gli attori anche, dunque, cosa manca a questa serie? Cos’è che la rende particolare? A renderla particolare è il suo modo di essere contemporaneamente autoconcludente e inconcludente. Mi spiego meglio: la serie termina con tre episodi. Inizia e termina in tre episodi. Ma in realtà quello che inizia e termina in tre episodi è soltanto l’inizio.

Non c’è nessuna fonte completamente certa, ma scorrazzando qua e là su internet si scopre che Netflix potrebbe essere interessata a completarla inserendo una nuova stagione, cosa che sarebbe da favola.

Le basi per una buona serie ci sono, anche se con la poca pubblicità che ha avuto rischia di rimanere qualcosa di nicchia, ma questi soli tre episodi lasciano con l’amaro in bocca. Ti lasciano lì a chiederti “ok e quindi adesso?“. Il mistero, che non vi dirò, viene svelato parzialmente. C’è solo la conferma, evidente fin dal primo minuto, che il Governo c’entri qualcosa con quello che sta succedendo.

Ma allora? Lo spettatore vuole sapere cosa succederà a Jen. Vuole sapere che fine ha fatto Jonas. Lo spettatore, davanti ad un finale del genere, rimane allibito e sconcertato, e sinceramente ci rimane anche un po’ male. Perché per gli amanti del genere, thriller sci-fi, le premesse ci sono.

Dobbiamo solo sperare che Netflix si decida a produrne una seconda stagione più concludente, tanto ormai sia Iwan Rheon sia Natalia Tena hanno abbandonato il cast di Game of Thrones quindi, facendo i conti sulle loro agende, dovrebbero essere più liberi.

La consiglio, comunque, agli appassionati del genere, a chi abbia voglia di terminare una serie in poche ore, a chi adori i vari accenti inglesi e soprattutto a chi ha odiato o amato Ramsay Bolton: scoprirete che Iwan ci sa fare molto anche nella parte del buono.

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CURIOSITA’: Essendo stati colleghi sul set di Game of Thrones, Iwan e Natalia hanno avuto delle scene in comune anche quella serie. Anzi, una scena. E chi l’ha visto sa di cosa parlo. Fa molto strano vederli, in Residue come una coppia affettuosa in cui lui interpreta il fidanzato premuroso.

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Ventotto anni, appassionata di viaggi e letteratura e con il sogno nel cassetto di diventare scrittrice. Nel frattempo scrivo racconti nell'attesa dell'ispirazione per creare qualcosa di migliore, venero i ravioli cinesi e mi drogo di serie TV.

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